Da alcuni anni, il nostro palato è stato sintonizzato su poche “onde di gusto”, facendoci assaggiare solo una piccola percentuale di quella straordinaria varietà gastronomica che contraddistingue il nostro Paese, la cui cucina è fra le più invidiate e imitate al mondo.
Per quanto riguarda le carni, ad esempio, tendiamo a prediligere – non per colpa nostra – solo determinati tipi di tagli che, nell’immaginario collettivo, figurano come più pregiati: filetto, roastbeef, scamone, fesa e sottofesa, noce, costata e girello ecc.
Un’offerta un po’ “piatta”, considerando che i tagli anatomici del bovino sono oltre 20 – di cui la gran parte vengono scartati, utilizzati in preparazione secondarie (hamburger, wurstel ecc.) o addirittura impiegati nell’alimentazione degli animali domestici, quali cane e gatto.
Quante volte ti è capitato di dover eliminare alcune parti solo perché ritenute di “poco” valore?
Lo spreco alimentare: una piaga del mondo della ristorazione
Un comportamento che si contrappone al sano e vecchio principio del “nulla va sprecato”, tanto caro ai nostri nonni; un principio tutt’altro che anacronistico, considerando che lo spreco di cibo è uno dei principali nemici della sostenibilità: ogni anno, nel mondo, si sprecano 1,3 miliardi di tonnellate di cibo per un costo di circa 800 miliardi di dollari, senza contare gli oneri di smaltimento.
E anche in Italia la situazione non è diversa, con uno spreco di circa 36,5 Kg di cibo pro capite/annuo – e il dato sale quando parliamo di ristoranti.
È noto, infatti, che nel mondo della ristorazione gli sprechi sono all’ordine del giorno. E talvolta siamo costretti a trovare un compromesso tra la nostra coscienza e le convinzioni irremovibili del nostro titolare che, piuttosto di modificare il menù, preferisce continuare “come si è sempre fatto”, incurante dell’ambiente e, al contempo, delle opportunità che sta letteralmente mandando in fumo.
Assieme agli “scarti”, infatti, nel bidone dell’umido ci finiscono anche i denari. Ogni qualvolta decidiamo di acquistare un taglio di carne “nobile”, la spesa aumenta e la marginalità del singolo piatto diminuisce.
Ad esempio, optando per un filetto di manzo – se la qualità è buona – non spendiamo meno di 25€/Kg.
Applicando il solito x3 di ricarico, usciremmo al pubblico a 75€/kg – che vorrebbe dire circa 22 euro per porzione da 300g. Un costo che, per molti, potrebbe risultare eccessivo, soprattutto se il nostro non è fra i ristoranti premiati dalla Rossa.
Ecco dunque che ci toccherebbe rivedere il ricarico al ribasso, rinunciando ad una parte del guadagno.
Tagli poveri: risparmi e guadagni di più
Un problema che potremmo evitare, semplicemente rivolgendoci a dei tagli di carne meno conosciuti, acquistabili ad un prezzo nettamente inferiore.
Nella lista dei tagli cosiddetti “poveri”, rientrano ad esempio: la lingua di bovino, il diaframma, gli ossobuchi – soprattutto di vitello – e la coda.
In particolare, quest’ultima ha un ottimo prezzo di mercato, che sia aggira attorno ai 6€/kg (o giù di lì). La coda è protagonista di uno dei piatti simbolo della tradizione culinaria romana, la coda alla vaccinara, ma in Italia è poco utilizzata, per via del suo gusto piuttosto intenso, non gradito da tutti.
Eppure, se adeguatamente tratta, può dar vita a dei piatti straordinari e squisitamente iconici, come i tortelli di coda alla vaccinara, firmati da Valentino Palmisano, attuale executive chef dello Chalet Zermatt Peak, in Svizzera.
In questo caso, il ricarico applicato alla coda sfiora addirittura un x6 e la valorizzazione nel piatto è massima, anche contando che la quantità utilizzata per il ripieno dei tortelli non supera i 30/40g.
Un bel risparmio, che ci porta ad una conclusione: non è il prestigio del taglio a definire la qualità della cucina di uno chef ma la sua capacità di lavorarlo.
3 consigli per non sbagliare con i tagli poveri
Quando decidiamo di comprare dei tagli di carne di “seconda scelta”, infatti, dobbiamo confrontarci con una difficoltà di non poco conto: la nostra incapacità di trattarli. E, conseguentemente, il rischio di non ottenere i risultati sperati.
Di seguito, ti riporto alcuni consigli pratici per non sbagliare, che ho avuto modo di testare personalmente:
- Fai mente locale: scegli il taglio che ti colpisce e rappresenta di più, magari attingendo dai tuoi ricordi
- Una volta scelto, studiane le caratteristiche e la storia, informati su antiche ricette e particolari metodi di preparazione, che potrebbero darti qualche spunto in più
- Non farti spaventare: fai delle prove, usa la fantasia e, una volta che pensi di aver raggiunto un buon se non ottimo risultato, inserisci il nuovo piatto a menù, descrivendolo a dovere (qui ti spiego come fare)
Non solo bovino, la carne è anche di maiale, pollo, tacchino e coniglio
Oltre all’approccio, è importante che ricordi anche la grande varietà di carni attualmente in commercio, non solo di bovino, ma anche di suino, pollo, tacchino ecc.
Potrebbe essere interessante anche valorizzare alcune specie poco diffuse, come il coniglio, le cui carni sono molto versatile e si prestano a più tecniche di cottura: al forno, in padella e sottovuoto; la carne di coniglio, solitamente, parte già da un prezzo molto più contenuto per chilogrammo di peso.
E perché non prendere in considerazione anche le frattaglie? Un tempo erano parte integrante dell’alimentazione contadina e venivano affiancate da patate, legumi oppure da un cucchiaio di polentina morbida.
Un esempio? Fegatini e durelli di pollo, ottimi per gustosi intingoli oppure per preparare un delizioso ragù di campagna, magari da abbinare a dei tagliolini all’uovo, stesi a mano.
Le possibilità di scelta quindi sono davvero molte: prendi carta e penna e comincia a fare una lista delle diverse opzioni.
Scegli i fornitori giusti
Un altro aspetto che dovresti considerare – per evitare sorprese – è l’affidabilità dei tuoi fornitori. Il fatto che si tratti di tagli “poveri” non significa che debbano essere trattati diversamente rispetto a quelli più noti e pregiati, soprattutto durante la fase di conservazione che precede l’arrivo al tuo ristorante.
Un buon fornitore dovrebbe:
- Rispettare la catena del freddo, dallo stock fino alla consegna
- Conservare tutti i tagli di carne sottovuoto, per prevenire ossidazioni e proliferazioni batteriche indesiderate
- Organizzare la cella frigo in modo tale da evitare la presenza di alimenti diversi dalla sola carne
- Vendere carne da allevamenti estensivi e sostenibili, che hanno a cuore il benessere animale
Poter contare su pochi fornitori di fiducia, ti aiuterà a mantenere alto lo standard qualitativo e a scongiurare sprechi.
Nel caso fossi alla ricerca di una soluzione per comprare direttamente dagli allevatori, senza confrontarti con decine di rappresentanti diversi, puoi leggere qui, dove ti presentiamo Soplaya e la sua filosofia
Riassumendo: perché conviene optare per i tagli di seconda scelta?
Ricapitolando, ecco i benefici dello scegliere tagli di carne inusuali:
- I tagli poveri hanno un costo nettamente inferiore rispetto a quelli più pregiati: il tuo portafoglio di ringrazierà e anche il bilancio di fine anno!
- Aumenti la marginalità, anche di molto
- Valorizzi un alimento “povero” o magari dimenticato, i tuoi clienti lo apprezzeranno!
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