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Frollatura: 4 regole per scegliere i tagli di carne adatti al tuo menù

Se hai notato, sempre più ristoranti amano esporre in sala la propria scelta di carni frollate, sistemate all’interno di moderne vetrine a temperatura controllata. Costate, fiorentine e altri tagli prelibati, provenienti da razze bovine rinomate – dalla Chianina alla Pezzata Rossa Italiana, fino al Black Angus Irlandese. Una selezione a cui è davvero difficile resistere!

L’occhio vuole senz’altro la sua parte ma oltre al “marketing” c’è di più.

La frollatura infatti è un’arte antica – risalente addirittura al XVII secolo – che, grazie una serie di reazioni biologiche e chimico/fisiche, riesce a rendere le carni più tenere e gustose.

In sintesi, le carni vengono fatte “maturare” in ambienti termo-controllati, con livelli di umidità costanti: ciò favorisce il graduale allentamento delle fibre muscolari e un miglioramento generale delle proprietà organolettiche.

Si tratta, dunque, di una tecnica fondamentale per la valorizzazione delle carni a tavola.

Se stai già pensando a come diventare “Mastro Frollatore” in breve tempo e non sai da che parte iniziare, lascia che ti dia un suggerimento più comodo e veloce: la maggior parte degli Chef, per ottimizzare i tempi, acquista le carni già frollate, utilizzando le celle-frigo “a vista” solo per scopi espositivi.

In questo modo, ottieni lo stesso effetto sui clienti e deleghi il lavoro a chi lo fa di mestiere.

Per offrire ai commensali una carne di qualità e all’altezza delle aspettative, però, è importante quanto meno conoscere i fondamentali della frollatura, di cui senz’altro avrai già sentito parlare.

Nelle prossime righe, ti riassumerò brevemente 4 aspetti legati alla frollatura che ritengo possano aiutarti a scegliere, con ancora più sicurezza, le carni da proporre sul tuo menù.

Wet Aging vs. Dry Aging: qual è la differenza?

Se è vero che una volta era sufficiente appendere le mezzene (metà carcassa) in cantina e attendere che il tempo facesse il resto, oggi con le nuove normative sulla sicurezza alimentare non è più possibile.

In particolare, sono due le tecniche più utilizzate: il Wet Aging e il Dry Aging. Due metodi completamente diversi tra di loro, a cui corrispondono risultati altrettanto differenti.

IlFattoAlimentare, popolare rivista dedicata all’enogastronomia, definisce con chiarezza sia l’una che l’altra tecnica.

Ecco una sintesi:

Wet Aging: consiste nel confezionare i tagli di carne subito dopo la macellazione in buste sottovuoto prive di ossigeno e conservarli in una cella-frigorifera a 4-5°C per un massimo di 30 giorni.

Il metodo ha il vantaggio di non provocare perdite di peso e di aumentare la tenerezza delle carni, tuttavia non si osservano miglioramenti di sapore. Solitamente, le carni che trovi al supermercato sono tutte sottoposte a Wet Aging, fatta eccezione per quelle in vaschetta, che invece sono perlopiù fresche.

Dry Aging: si tratta di un metodo d’ispirazione inglese che consiste in una lenta e controllata asciugatura delle carni. Le mezzene dopo la macellazione vengono appese in “celle di maturazione” simili a quelle impiegate per la stagionatura dei salumi, dove l’umidità viene estratta e si utilizzano lampade UV – dall’effetto disinfettante – per evitare la proliferazione di eventuali batteri indesiderati (es. putrefattivi ecc.).

Con la perdita d’acqua, sapori e profumi si concentrano, rendendo la carne decisamente più gustosa e tenera. L’unico neo di questa tecnica è il calo di peso significativo. Per questo motivo il Dry Aging si presta solo a tagli di carne molto grassi.

Come riconoscere una carne frollata con metodo Wet Aging e Dry Aging?

Ti consiglio di osservare il grasso. Le bistecche frollate a secco presentano un grasso duro, compatto e di colore bianco, quelle wet-aged invece hanno la porzione grassa più morbida e rosata.

Il tempo: il segreto per una frollatura perfetta

Una volta individuata la tecnica, c’è un altro fattore importante da considerare: il tempo. Cioè per quanti giorni, settimane, mesi la carne è stata sottoposta al processo di frollatura.

Non c’è una risposta univoca.

Il periodo di maturazione infatti, come si legge su un recente articolo del Gambero Rosso, varia in relazione al tipo di carne, alla razza, all’età e all’alimentazione dell’animale.

Per i tagli di vitellone – da cui si ricava la famosa fiorentina – ad esempio, i tempi di frollatura vanno da un minimo di 10 giorni ad un massimo di 20, durante i quali le carni sono conservate all’interno di celle frigorifere alla temperatura di 0-4°C.

Tempi più lunghi, invece, sono riservati a produzioni di alta qualità, come avviene per la Chianina IGP ma anche per la selvaggina da pelo (cinghiale, cervo ecc.). Al contrario, le carni bianche quali pollo, tacchino, coniglio e agnello non superano le 72 ore di frollatura mentre il maiale raggiunge le 96 ore.

In generale, vale sempre la regola: più un animale è grande, più saranno lunghi i tempi di frollatura.

Addirittura, c’è chi ha provato a frollare le carni per 100-150 giorni, ottenendo dei risultati straordinari.

La prossima volta, dunque, che ti troverai faccia a faccia con il tuo macellaio di fiducia, non dimenticarti di chiedere i tempi di frollatura delle carni.

Alcuni Chef, per avere un prodotto di qualità sempre costante, preferiscono stabilire con il proprio fornitore di carne un periodo minimo di frollatura: si tratta di un servizio “su misura”, che sempre più macellai tendono ad offrire.

Quanto costa la carne frollata?

Inutile girarci attorno: le carni frollate costano di più. Il prezzo può subire delle oscillazioni in base ai tempi di maturazione e alla razza considerata ma è mediamente al di sopra di quello della carne fresca. Ed è giusto così.

La frollatura, infatti, è un processo dispendioso – come dichiarato in una pubblicazione del Journal of Animal Science and Technology – a causa di:

  • Rese ridotte = durante il processo di frollatura, le carni subiscono in media un calo di peso dal 6 al 15%. Il macellaio acquista i tagli di carne a prezzo intero ma perde parte della spesa con l’evaporazione dei liquidi. Pertanto, in fase di vendita, deve aggiungere un ricarico che gli permetta di riequilibrare i conti e ottenere un minimo margine di profitto.
  • Periodo di occupazione delle celle frigorifere = la frollatura delle carni implica che una determinata cella rimane occupata per giorni, settimane o addirittura mesi, con una rotazione minima dei prodotti e un consumo costante di energia.
  • Qualità superiore = solitamente, i tagli di carne che subiscono il processo di frollatura (soprattutto per molti giorni) hanno una qualità maggiore. La frollatura, infatti, tende ad amplificare le caratteristiche organolettiche della carne: allo stesso modo, se un taglio non è buono, i difetti rischiano di essere accentuati.

Se dovessero proporti della carne frollata allo stesso prezzo di quella fresca è molto probabile si tratti di una materia prima di scarsa qualità, che non aggiunge alcun valore al tuo menù. I costi di produzione, infatti, non consentono di spuntare prezzi di mercato uguali, indipendentemente dal Paese di provenienza delle carni.

È conveniente quindi, alla luce di quanto ci siamo detti, puntare sulla carne frollata? Sì.

Secondo un’analisi ISMEA (Istituto di Servizi per il Mercato Agricolo Alimentare), la richiesta di carni frollate è in crescita. Nonostante la frequenza di consumo delle carni rosse sia diminuita, la ricerca dell’eccellenza – anche nella categoria “carne” – è in aumento.

I consumatori, sempre più informati, scelgono con cura la carne da acquistare e prestano particolare attenzione anche al ristorante. Offrire ai tuoi clienti una carne non solo buona ma anche certificata ti aiuterà a fidelizzarli: ritorneranno volentieri da te perché sanno che nel tuo locale troveranno dell’ottima carne.

Ma non è l’unico vantaggio.

Una carne ben frollata, infatti, rilascia meno liquidi in cottura, il che comporta un gusto ancora più intenso e piacevole, come nel caso della carne di Fattoria Terra Amica: un’azienda veneta specializzata nell’allevamento di bovini da carne.

I bovini, di razza Pezzata Rossa Italiana e Charolaise, vengono portati in alpeggio durante l’estate e sono alimentati solo con cereali e leguminose, senza l’utilizzo di insilati.

Tutti i tagli di carne vengono quindi frollati con metodo Dry Aging per almeno 30 giorni, migliorando in termini di gusto e consistenza.

Come gustare la carne frollata

Ormai abbiamo capito che la frollatura offre al palato un’esperienza di tutto rispetto. Tuttavia, alla vista non si può dire altrettanto.

La carne frollata non è di certo rosea e da “acquolina in bocca” come siamo abituati a vederla. Hai presente quelle foto in alta definizione con tagli di carne dal color rosso vivace? Ecco, tutt’altro.

La superficie della carne ossida facilmente, disidratandosi e assumendo un colore dal marrone chiaro al marrone scuro, quasi nero. Inoltre, in base ai tempi di frollatura, possono formarsi delle muffe del tutto simili a quelle che si formano sui formaggi durante l’affinamento.

Per questo motivo, ti consiglio di rifilare i tuoi tagli di carne frollata prima di passare alla cottura, così da rimuovere la parte esterna, dall’aspetto e sapore poco gradevoli.

La carne, tuttavia, una volta tagliata sorprende per la consistenza compatta e per il colore, che può variare dal rosa al rosso più deciso.

Per esaltare la tenerezza della carne, è consigliabile sottoporla a cotture brevi – anzi, brevissime. L’ideale sarebbe al sangue e, se proprio il cliente desidera, al punto (cottura media).

Se all’interno della tua cucina prevedi una griglia a brace non avrai alcun problema a valorizzare come si deve le carni frollate: l’esposizione alla fiamma diretta, infatti, permette la rapida caramellizzazione degli zuccheri (Reazione di Maillard) con conseguente formazione di una sottile e saporita crosticina – che tutti noi amiamo.

Bene, direi che con l’approfondimento delle carni può finire qui. Spero che questo articolo ti sia stato utile per scoprire qualche curiosità in più sul mondo della frollatura!

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