A Padova, nascosto tra le strade di una città che cambia velocemente, c’è un ristorante che ha deciso di non uniformarsi, di non rincorrere le mode e di mettere al centro l’esperienza delle persone. Si chiama Boho e dietro c’è una squadra guidata Daniele Carta il quale ha lasciato un lavoro in tutt’altro settore per immergersi nel folle mondo della ristorazioen.
Il cibo, da Boho, è un mezzo. Non serve a fare spettacolo, serve a trasportarti. “Mangiare fuori è diventato un lusso. Non puoi offrire solo un piatto buono: devi far vivere un’esperienza.”
Per questo l’ambiente è curato, il servizio gentile, il menù pensato. Ma senza fronzoli.
Boho: dove il menù è libero, non standardizzato
Se avesse una bacchetta magica, Boho eliminerebbe la standardizzazione. “Si vedono sempre le stesse cose ovunque”, dicono. Ed è vero. La piccola ristorazione è schiacciata da dinamiche troppo grandi: quelle della distribuzione, dei format, dei prodotti che vanno di moda, per non parlare dei programmi televisivi.
Boho semplicemente ha scelto di lavorare con ciò che piace, con ciò che ha senso per Boho. Il menù non nasce per seguire l’algoritmo, ma per raccontare il luogo in cui si trova, con i suoi ritmi e la sua stagionalità. E chi entra se ne accorge subito.
Una squadra piccola, voluta e costruita
Ma dietro Boho c’è una brigata che non è nata per caso. “Ci abbiamo messo sei anni per costruire un team di cui fidarci. Delegare è possibile, ma solo se tratti le persone come vanno trattate”.
–> (ovvero bene 😁)
E così succede: c’è chi si occupa degli eventi, chi gestisce l’apertura, chi tiene in piedi il servizio.
Sostenibilità? Da Boho è anche umana
Da Boho la sostenibilità non si proclama, si fa. Si scelgono prodotti locali, anche se costano di più, perché “non devono fare migliaia di chilometri per arrivare nel piatto”. E si fa attenzione ai turni, ai carichi di lavoro, alla comunicazione.
“Il vero problema non è il personale che manca. È il rispetto che manca. E quello, se lo metti al centro, le persone giuste le trovi.”
Accogliere è una scelta (e un’educazione reciproca)
Boho non accetta clienti di serie A e B. Ma vuole educazione. “Noi la diamo, ci aspettiamo che torni indietro. E invece succede che prenotano e non si presentano. Senza nemmeno avvisare. Preferirei un messaggio mezz’ora prima che un tavolo vuoto per otto.”
Come tutto e per tutti, il rispetto non è un optional, ma un ingrediente base. E anche per questo il personale viene formato, valorizzato, rispettato. Perché, come dice Daniele:
Il personale è il tuo riflesso. Se tu sei arrogante, loro lo saranno. Se tu sei gentile, lo saranno anche loro.
Sacrosante parole.
Soplaya: fuori dagli schemi, come noi
La collaborazione con Soplaya nasce per caso, dopo un incontro con il referente: “Non ricordo nemmeno come o chi ci ha messo in contatto… però ricordo che ci siamo visti e abbiamo avuto una conversazione bellissima sulla ristorazione e la distribuzione”.
Tra i tanti distributori incontrati, Soplaya gli è sembrato subito diverso. “Ho detto: noi sicuramente siamo fuori dagli schemi, Soplaya mi sembra esserlo altrettanto. Forse siamo il match giusto”.
La scelta è arrivata per la qualità dei prodotti e la flessibilità operativa. “Al contrario di altri grandi distributori dove magari sei costretto ad avere parametri un po’ più soffocanti”.
Gli ordini vengono gestiti dallo chef, con fiducia e autonomia: “C’è una prima selezione quando si cambiano i menù, poi ci fidiamo sia dello chef che dei suggerimenti del nostro referente di Soplaya il quale è molto bravo”.
Tra le funzioni più usate c’è la duplicazione ordini ma Soplaya viene utilizzato per tutto, dai prodotti di nicchia a quelli quotidiani.