A mezz’ora di vaporetto da Venezia si trova l’Isola di Sant’Erasmo – una delle più grandi dell’arcipelago – che fin dal 1500 è nota come l’Orto della Serenissima. Nel visitarla, pare di stare in aperta campagna ma, in realtà, ci si trova in mezzo al mare – e il suono delle onde lo ricorda.
Oltre ad essere un interessante meta per il turismo slow e vantare un’area balneabile di rara bellezza (il Bacàn), quest’oasi verde è conosciuta per la coltivazione di una particolare varietà di carciofo: il Carciofo Violetto di Sant’Erasmo, che oggi fa parte dei Presidi Slow-Food della Regione Veneto – la cui produzione è consentita anche in alcune aree attigue all’Isola, come i Comuni di Mazzorbo, Vignole e Lio Piccolo
Grazie al clima mite e al terreno sabbioso, infatti, questo ortaggio cresce rigoglioso – a differenza di quanto accade in molte aree del Nord-Est, dove le temperature risultano troppo basse per consentirne lo sviluppo.
Le caratteristiche del Carciofo Violetto di sant’Erasmo
A distinguere il Carciofo Violetto di Sant’Erasmo – un primo suggerimento c’è già nel nome – è il suo colore violaceo intenso, unito ad una forma tronco conica e a delle brattee ben serrate, con una piccola spina apicale.
Durante l’anno, una pianta produce più capolini, che hanno epoche di raccolta, dimensioni e caratteristiche merceologiche diverse, tanto da essere indicati con termini dialettali differenti.
I primi, i più pregiati, sono chiamati “castrature” e hanno una consistenza tenera e un sapore deciso, leggermente iodato. A questi, seguono nell’ordine i “botoi”, i “sotobotoi” e le “massete”.
La raccolta e le buone pratiche di conservazione
La raccolta, effettuata rigorosamente a mano, ha inizio dai primi di Aprile e termina a Giugno, con le ultime produzioni; in generale, l’intero ciclo produttivo, non dura più di 90 giorni.
Dopo essere stati colti, i capolini vengono sistemati in apposite cassette e tagliati con un gambo di circa 15 cm, lasciando non più di 2-3 foglie adese. Successivamente, gli articiochi – così si chiamano i carciofi a Venezia – vengono conservati in ambienti freschi e asciutti, fino al momento del loro utilizzo in cucina; sono sempre di più i cuochi che apprezzano questo ortaggio, anche grazie alla sua versatilità.
Il Carciofo Violetto di Sant’Erasmo in cucina: le ricette della tradizione
Varie infatti sono le modalità di consumo: fritti in pastella, crudi con un filo di olio d’oliva, oppure col garbo, cioè cotti col soffritto di aglio o cipolla a fuoco molto lento e a tegame coperto, con l’aggiunta finale di aceto o limone.
E ancora alla grega, tagliati a spicchi, rosolati e serviti freddi con limone, oppure maritati con le schie (i gamberetti di laguna), gli aliciotti e le sardine. Nelle osterie figurano tra i cicheti di ordinanza, lessi e conditi con aglio, prezzemolo, pepe e olio.
Ricette queste, in cui si avverte l’influsso della fiorente Comunità Ebraica, presente a Venezia fin dall’anno 1000.
Ecco dunque che accanto ai giustamente decantati scenari naturalistici della Laguna, troviamo autentiche specialità gastronomiche, che si rendono ambasciatrici di una straordinaria biodiversità, da conservare e valorizzare
Su Soplaya puoi trovare le castrature dell’Az. Agricola Michele Borgo, da anni impegnata nella valorizzazione del Carciofo Violetto di Sant’Erasmo