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Coperto al ristorante: l’addebito che nessuno vuole pagare

Origini storiche: da “riparo” a “Mise en Place”

Il Coperto è quella voce sul conto che fa storcere il naso al cliente e che, diciamocela tutta, spesso è un casino da giustificare anche per noi. Ma non è un’invenzione moderna, né una “tassa” per il cestino del pane (che puntualmente avanza).

Fa parte della nostra storia, precisamente dal Medioevo, quando i pellegrini e i viandanti s’accampavano nelle locande. L’oste non poteva venderti la minestra che ti eri portato da casa, quindi cosa faceva? Ti chiedeva i soldi per il “posto coperto”, letteralmente un riparo, un tavolo all’asciutto. Era il costo base per startene comodo, magari un piatto e delle posate, e non dover mangiare il tuo brodo freddo sotto la pioggia.

Col tempo, quella parolina è diventata la nostra Mise en Place, il set up composto da piatti, posate, bicchieri, tovaglia, quel minimo indispensabile per far sembrare una tavola qualcosa di piacevole e non un picnic improvvisato.

Aspetti normativi: cosa dice la legge Italiana sul coperto

Passiamo ora alla parte divertente ovvero la legge italiana. Oh, la nostra amata burocrazia. Ci chiedi se c’è un regolamento o una pena specifica per la storia del coperto. La risposta è… sì e no, nel tipico stile italiano.

È una consuetudine così radicata che, non essendoci un divieto esplicito, è considerata perfettamente legale. Insomma, il legislatore si è girato dall’altra parte e ha fatto spallucce.

Però, c’è un “però” grande: la trasparenza. Questa è l’unica cosa sacra. Non puoi svegliarti la mattina e decidere di far pagare il coperto all’insaputa del cliente. La regola aurea è l’Art. 180 (Regio Decreto n. 635/1940, roba vecchia ma sempre valida) dove si dice che il costo deve essere scritto, nero su bianco, chiaramente e inequivocabilmente, sul listino esposto fuori e sul menu al tavolo. Se la cifra non è indicata, il cliente ha il diritto divino di non pagare. Fine della storia.

E la pena in questo caso non è l’arresto, ma la sanzione amministrativa. Si parla di multe che rientrano nelle violazioni delle norme sulla corretta informazione e sulle pratiche commerciali. Per intenderci, è la stessa infrazione che commetti se non esponi l’IVA nel prezzo o se non specifichi il peso del prodotto.

La furbata del Lazio

E se questo non bastasse, ci si mettono pure le differenze delle regioni, anzi di UNA regione. Sì, perché in Lazio hanno praticamente bandito la parola “coperto” (o “pane e coperto”) dal 2006.

Ma la verità è che non ha eliminato il costo, ha solo imposto di cambiarne il nome. Non puoi più scrivere “coperto”, ma puoi scrivere “pane e servizio” o solo “servizio”. È la classica manovra all’italiana dove si cambia l’etichetta per accontentare il popolo, ma la sostanza – il costo dell’apparecchiatura, del lavaggio, del tovagliato – resta e viene addebitata in altra forma.

Insomma, il concetto resta, ma l’etichetta cambia. La legge italiana è così: ti dà una regola, e tu trovi il modo più creativo per aggirarla. L’importante è che alla fine, sui listini, tutto sia cristallino. Altrimenti, il lamento del cliente è legittimo. E, onestamente, chi di noi vuole sentire un cliente che si lamenta del conto? Nessuno.

Differenza tra “Coperto” e “Servizio”

Ma non tutti sanno che coperto e servizio sarebbero due cose assai diverse.

  • Il Coperto, l’abbiamo visto, è la “tassa” fissa per il diritto di sederti e non mangiare con le mani: apparecchiatura, il tovagliolo che usiamo per asciugarci il sudore di una giornata folle, il lavaggio della tovaglia e, se sei fortunato, il pane che tocchi a malapena. È un costo fisso per persona, e serve ad ammortizzare le spese che vanno a monte del cibo.
  • Il Servizio, invece, ha una storia diversa, molto più glamour e anacronistica. Storicamente, era una vera e propria percentuale (il famoso 10-20%) sul totale del conto destinata, in teoria, a remunerare il personale di sala. Diciamocelo: oggi in Italia, con i contratti di lavoro in vigore, è una pratica praticamente superata e che sa di vecchio. Se lo vedi spuntare, o sei in una zona super-turistica (dove l’aspettativa internazionale lo rende quasi “normale”) o sei in un locale di lusso che lo usa per giustificare la qualità dell’esperienza in sala.

Come avrai ormai capito la confusione nasce dall’utilizzo in Lazio del termine servizio per indicare il coperto.

Ma insomma… l’unica cosa che conta è che qualsiasi voce usi, sia chiara come il sole nel tuo menu!

I pro e i contro del coperto

Qui si tocca il nervo scoperto del mestiere.

Per te che stai dall’altra parte del bancone, è un santo Ammortizzatore Economico. Non cucini e servi a gratis e il coperto è quella quota fissa che ti permette di pagare le bollette, l’affitto, la pulizia e l’usura di ogni singola forchetta che finisce in lavastoviglie.

Ma per il cliente, soprattutto il turista, è solo una tassa che sa di Medioevo. Loro vedono un balzello ingiustificato, specialmente se trovano un tovagliolo di carta e un pane triste. Non capiscono perché devono pagare per il “posto” e questo crea un casino mondiale, dando un’immagine da “furbetti” al nostro servizio. Loro sono abituati alla mancia (che da noi non è obbligatoria) e vedono questa voce fissa come un costo nascosto. E diciamocelo, hanno un po’ ragione quando dicono che si potrebbe includere direttamente nel prezzo del piatto. Ma…

…Ormai, specialmente nelle zone ad alta densità turistica, si vedono sempre più persone che dividono un unico piatto e una bottiglia d’acqua, facendo crollare lo scontrino medio. Se tu avessi incluso il costo del servizio solo nel prezzo della singola pizza, ti ritroveresti con un tavolo occupato per un’ora e mezza e un incasso ridicolo, mentre il tuo personale ha pulito, apparecchiato e sparecchiato per due.

Quindi come fare?

Almenochè non si è in Lazio lo si può benissimo tenere, ma se hai spesso delle lamentele perché lavori tanto con i turisti, bè le viesono due:

  • tagli la testa al toro: molti ristoranti moderni, soprattutto nelle città che brulicano di gente, stanno semplicemente eliminando la voce coperto. È una scelta netta per allinearsi agli standard internazionali dove tu includi quel costo nel prezzo dei piatti e delle bevande.
  • Attui il “Restyling” del nome: se l’idea di perdere quella quota fissa ti infastidisce, fai come quelli che devono aggirare il divieto nel Lazio: cambia nome. Non chiamarlo più “Coperto” ma usa un più elegante e moderno “Servizio al Tavolo” o “Pane e Servizio”. Migliora la percezione, rende l’idea di un’erogazione attiva, non solo di un posto occupato.

Ricorda solo che, qualunque nome tu scelga, deve essere scritto chiaro, grande e tondo nel menu. Zero sorprese, zero lamentele. Scegli la tua battaglia.

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