Non c’è popolo o cultura che non conosca il termine “pizza”. Probabilmente, si tratta del vocabolo italiano più utilizzato – e abusato – al mondo. Con la globalizzazione, infatti, frammenti di cultura italiana sono stati dispersi in più Paesi, raggiungendo persino le aree più remote.
E allora troveremo improbabili pizzaioli in Vietnam, così come in Cina ed in Messico, con riproduzioni – più o meno accurate – della verace pizza italiana, le cui origini – pensate – risalgono ancora ai tempi degli Etruschi, dove prendeva il nome di pinsa – un pane “schiacciato”, utilizzato per accompagnare portate a base di carne, pesce o verdure.
Eppure la pizza non è solo la pietanza più richiesta e assaggiata da chi arriva in Italia come turista ma anche da noi Italiani, che la consumiamo in media almeno una volta alla settimana.
Pizza, un piatto intramontabile che vale 30 miliardi
In particolare, secondo un recente sondaggio Doxa, per conto di Italmopa, la pizza preferita dagli Italiani è la classica Margherita (57%), seguita dalla Napoletana (17%), quindi dalla Quattro Stagioni (8%), dalla Diavola (7%) e dalla Boscaiola (6%).
Un mercato che vale oltre 30 miliardi e che sottende l’impiego di circa 350 mila tonnellate di farina – soprattutto di frumento tenero.
Negli ultimi anni, però, l’approccio alla pizza è cambiato radicalmente, a seguito dell’insorgenza delle intolleranze alimentari (glutine e lattosio) e alla maggiore attenzione riservata alle materie prime di qualità e alla loro provenienza.
Come spesso accade, dunque, le rinnovate esigenze dei consumatori hanno decretato un “cambio di rotta” che ha costretto i pizzaioli a correre ai ripari, rivedendo il proprio modus operandi.
Una rivoluzione dei consumi così grande – e repentina – che oggi 8 pizze su 10 sono artigianali, o vendute come tali. Nei prossimi anni, dunque, assisteremo ad una radicalizzazione dei trend attualmente emergenti, con la conferma di alcune convinzioni.
Di seguito, ti offriamo un’analisi delle tendenze più diffuse nel settore “pizza”.
Il mondo della pizza è cambiato: i 5 trend da seguire
Ingredienti IGP, DOP e Slow-Food
Negli ultimi anni, l’attenzione alla qualità degli ingredienti è cresciuta in modo esponenziale, quasi maniacale. Nell’indagine Impronte di Pizza, condotta da Eataly, l’83% dei pizzaioli intervistati ha dichiarato di utilizzare quotidianamente prodotti a marchio IGP, DOP e Slow-Food.
Ingredienti ricercati che, oltre a distinguersi per bontà, contribuiscono a ricreare quella cultura alimentare che il commensale va sempre più ricercando. Anche in pizzeria, così come al ristorante, è possibile offrire un’esperienza “stellata”, capace di soddisfare tanto il gusto, quanto la vista.
Pizze Gourmet
Si sa, la cucina è il luogo laddove le idee si uniscono, per creare nuovi accostamenti di gusto. E anche in pizzeria la fantasia corre, guidando la mano di esperti pizzaioli che, alle pizze classiche preferiscono quelle gourmet, con abbinamenti inediti.
Ad esempio, sul menu potremmo trovare una pizza bianca con zucca, crema di gorgonzola e cavolo nero, che si discosta dal gusto “classico”, per offrire nuove emozioni palatali. La pizza, dunque, diventa una vera e propria opera d’arte, espressione della creatività del pizzaiolo.
Impasti a lunga lievitazione
Quante volte ci è capitato di alzarci da tavola e sentirci gonfi, appesantiti? Una sensazione che rischia di compromettere una piacevole serata in pizzeria, in compagnia di amici.
Per garantire la piacevolezza dell’esperienza e, al contempo, aumentare la digeribilità dei propri impasti, molti pizzaioli puntano su alcuni aspetti fondamentali: la % di idratazione dell’impasto (più alta è meglio è), il periodo di lievitazione (solitamente, non inferiore alle 24 ore), la qualità delle farine utilizzate (semi-integrali o integrali, anche da grani antichi) e la quantità di lievito impiegata (< 2 gr per Kg di farina).
La perfetta calibrazione di questi elementi permette di ottenere impasti leggeri e gustosi, che rendono ogni “boccone” un attimo di puro piacere!
Farine biologiche e speciali
La demonizzazione mediatica sulle farine “raffinate” ha portato ad una preferenza assoluta per le alternative semi-integrali e integrali, anche da grani speciali (kamut, avena, farro ecc.).
Inoltre, alcuni pizzaioli stanno sostituendo le farine cosiddette convenzionali con quelle biologiche, consapevoli del successo crescente di questa categoria.
La provenienza delle farine e il metodo produttivo rappresenta un valore aggiunto da segnalare sul menu. Un elemento importante, che è sempre più apprezzato dai pizza lovers.
Pizza a portafoglio
Complice la pandemia, il take-away ha registrato negli ultimi anni un’impennata. E a Napoli, per la prima volta, è stata proposta la “pizza portafoglio”, ovvero una pizza normale ripiegata su se stessa, che oltre a concentrare il gusto in un solo morso e anche facile da consumare, soprattutto per chi ha una pausa pranzo breve, di non più di mezz’ora.
Una soluzione che piace e che, lentamente, si sta diffondendo in tutta la penisola
Il settore della pizza è in continua evoluzione e, nonostante il prezzo medio si sia alzato di qualche euro, i consumatori non hanno la minima intenzione di rinunciare alla pizza ed in particolare all’arte del pizzaiuolo napoletano che è stata riconosciuta – giustamente – come Patrimonio Culturale dell’UNESCO. Il cibo che, più di tutti, è stato in grado di unire popoli e soddisfare il gusto di intere generazioni.
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