Erano i primi anni dell’Ottocento e a San Quirino, piccolo centro del Pordenonese, già si coltivavano fagioli, fave e lenticchie; fonti proteiche preziose, soprattutto in tempi di carestia, che garantivano il sostentamento di molte famiglie.
Colture che, col passare del tempo, sono state gradualmente abbandonate, a favore di altre più redditizie, come il mais e la soia.
Tuttavia, c’è chi ha deciso di riportarle – letteralmente – alla luce, per valorizzarne la storia. E tra questi virtuosi produttori figura anche Arnese Donato che, quasi profeticamente, durante una cena fra amici, dopo essere rimasto colpito dalla bontà di una minestra a base di fagioli locali, ha deciso di saperne di più, fino a scoprire che la sua famiglia -inconsapevolmente – aveva custodito per anni una delle varietà di fagiolo più antiche di tutta la regione.
Un fagiolo ideale per zuppe e creme
A caratterizzarlo, una buccia sottilissima di colore marrone chiaro ed una polpa fine e compatta, che lo rendono particolarmente adatto ad essere utilizzato come ingrediente nella preparazione di creme e zuppe.
Oggi, il Fagiolo di San Quirino fa parte dell’elité dei Presidi Slow-Food e trova impiego in molti ristoranti, fautori di una cucina povera, intimamente legata al nostro territorio.
“I semi vengono interrati tra la seconda decade di Aprile e gli inizi di Giugno, mentre il raccolto avviene a partire da metà Luglio. Dopo essere stati raccolti, ed essiccati per un periodo al sole, vengono sgranati a mano, con grande delicatezza. Segue dunque l’eliminazione delle impurità e la cernita dei fagioli migliori. Successivamente, i fagioli vengono riposti in cella frigorifera per alcuni giorni, al fine di scongiurare l’attacco da parte di insetti indesiderati” precisa Donato.
Una coltura sostenibile
I terreni su cui sono coltivati i fagioli si trovano a circa 100 metri sul livello del mare e sono prevalentemente sassosi, frutto del deposito di materiali calcarei portati a valle dai fiumi Cellina e Meduna nel corso dei millenni.
Lande polverose, facenti parte di quel territorio che prende il nome de “I Magredi”.
“Quella del Fagiolo di San Quirino, è una coltura sostenibile. Il terreno è lavorato superficialmente per contenere lo sviluppo delle erbe infestanti che sono estirpate manualmente e, all’occorrenza, rimosse tramite sarchiatura. L’irrigazione è a solco e il terreno è fertilizzato prima della semina con letame maturo proveniente da allevamenti locali. Per la difesa dalle malattie e dai parassiti, invece, non si usano prodotti chimici di sintesi ma solo di origine vegetale”
Conclude Donato che a proposito della collaborazione con Soplaya dice:
“il vantaggio è quello di avere un partner che mi gestisce tutto quello che è il rapporto con la ristorazione, che per me diventava impegnativo, dal momento che mi manca il tempo per contattare e consegnare il prodotto ai vari ristoranti o rivenditori”
Fin dalla sua fondazione, Soplaya si impegna nella valorizzazione delle piccole produzioni locali e, in particolare, di tutti quei prodotti che abbiano una storia da raccontare; una storia da preservare e proteggere dal fluire quotidiano del tempo. Ecco perché sulla nostra piattaforma puoi trovare il Fagiolo di San Quirino e tanti altri Presidi Slow-Food, che contribuiscono all’identità del nostro Territorio