Nelle piccole botteghe di paese, oltre ad una selezione di prodotti squisitamente tipici – e perlopiù artigianali – è frequente trovarsi di fronte anche ad un fornito banco della gastronomia, dove trionfano salumi ed insaccati di ogni tipo, oltre che naturalmente formaggi, di diversa forma e colorazione.
Ecco dunque che sorge spontanea una domanda: da che cosa dipende il colore di un formaggio? Partiamo dall’inizio, ovvero dalla materia prima da cui si ricava il formaggio: il latte.
Quest’ultimo presenta un colore bianco candido perché i globuli di grasso che lo costituiscono riflettono tutte le frequenze della luce.
Per averne la prova, basta confrontare un bicchiere di latte intero con uno di latte scremato: il colore è leggermente diverso perché è diversa la percentuale di grasso contenuta.
Tuttavia, è quando il latte viene trasformato in formaggio – grazie all’aggiunta di caglio – che cambia radicalmente colore, virando al giallo paglierino, più o meno intenso, a seconda del livello di riboflavina (Vitamina B2) presente nel siero – ovvero nell’unica frazione “acquosa” rimanente.
Il formaggio cambia colore a seconda della stagione
Un altro fattore poi che coincide sulla tonalità e, in generale, sull’aspetto del formaggio è il “momento” di mungitura.
Infatti, a seconda che il latte venga munto in Inverno oppure in Estate, presenta una colorazione sensibilmente diversa: in Inverno tende di più al bianco mentre in Estate di più al giallo.
Questa variazione è dovuta essenzialmente alla maggior presenza di carotenoidi nei foraggi freschi estivi – che trasmettono il colore al latte e quindi ai prodotti derivati – e, pertanto, risulta nettamente avvertibile nei formaggi “d’alpeggio”.
Inoltre, da un’attenta analisi, si possono riconoscere le essenze tipiche di alcuni fiori ed erbe che “popolano” i pascoli di montagna, quali il fiordaliso, il trifoglio e il cumino selvatico – solo per citarne alcuni.
Il Parmigiano Reggiano, ad esempio, veniva distinto e quotato diversamente a seconda del periodo dell’anno in cui veniva prodotto.
La produzione invernale, infatti, veniva distinta da quella del resto dell’anno ed era chiamata “invernengo” o “vernengo”.
Oggi questa distinzione non sussiste più e le variazioni del prezzo sono dovute principalmente ad esigenze di mercato.
Al contrario, in Inghilterra – e negli altri Paesi anglo-sassoni – i formaggi prodotti nei mesi estivi continuano ad essere ritenuti più pregiati.
La % di grasso nel latte incide sulla tonalità del prodotto finito
Un altro motivo che definisce la colorazione dei formaggi – come già accennato in precedenza – è il livello di grassi contenuti nel latte.
In particolare, le razze bovine Jersey e Guernsey producono un latte molto “grasso”, da cui si ricava un burro di colore giallo carico.
La muffa definisce il colore dei Formaggi Blu
Oltre al formaggio, tradizionalmente inteso, esistono anche i cosiddetti “formaggi blu” – detti anche erborinati – , il cui colore dipende dallo sviluppo di muffe specifiche, solitamente appartenenti al genere Penicillium.
Tra gli erborinati più diffusi – e conosciuti – ricordiamo il nostro Gorgonzola o il Blu Notte Sauris, Roquefort francese e lo Stilton inglese.
I formaggi “rosa”, o a crosta lavata
Ma le “sfumature” del formaggio non finiscono qui. Esistono, infatti, anche i “formaggi rosa” – o a crosta lavata.
Esempi conosciuti da tutti sono: il Taleggio e la Robiola. Per la produzione di questi curiosi formaggi, le forme vengono sottoposte a frequenti lavaggi con soluzioni saline, che inibiscono lo sviluppo delle muffe e creano, al contempo, un ambiente favorevole per la proliferazione di altre specie microbiche, come il Brevibacterium Linens.
La crescita di questi micro-organismi conferisce al formaggio tonalità che vanno dal rosato all’arancio.
Un mondo quello dei formaggi che non smette mai di stupire, soprattutto in Italia, dove l’Arte Casearia è parte integrante della nostra cultura ed identità.
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