La Pedemontana Friulana e, in particolare, il territorio compreso fra i torrenti Meduna e Cosa, fino ad una cinquantina di anni fa era caratterizzato da una significativa produzione orticola.
Un mosaico di appezzamenti verdi, su cui venivano coltivate frutta e verdura di ogni tipo; cavoli, scalogno, fagioli, meli, peri, patate ma soprattutto cipolle.
La Cipolla di Cavasso e della Val Cosa
Rispetto alla cipolla comune, o Allium Cepa L., quella di Cavasso ha una tunica rossa con riflessi ramati, i cui toni diventano più chiari e rosati a mano a mano che ci avviciniamo alla Val Cosa.
E, al di sotto della buccia – estremamente sottile – si nasconde un “cuore” dolce e croccante, mai piccante, che la rende ottima sia cruda che cotta.
Una coltivazione, quella della cipolla, molto redditizia, che fino agli anni 60’ ha garantito il sostentamento di molte famiglie.
Un tradizione in rosa
Un tempo, le donne del paese si tramandavano le sementi di madre in figlia, occupandosi di tutte le fasi della produzione: dalla semina, alla raccolta, fino alla vendita (al mattino presto) nelle principali Piazze del Friuli-Venezia Giulia, come Maniago e Spilimbergo.
Dopo la raccolta a fine estate, le cipolle più grandi venivano fatte asciugare e riposare nelle soffitte delle case.
Poi, erano intrecciate con erba di palude (in dialetto Palût), particolarmente flessibile e resistente.
Quelle più piccole invece erano destinate alla conservazione sotto aceto.
Un’attività e una microeconomia che si è protratta fino al dopoguerra, quando il lavoro in città ha sostituito quello agricolo e gli orti sono diventati incolti, lasciando spazio alla boscaglia.
Il debutto in Alta Cucina
Dal alcuni anni però, grazie al coraggio di alcuni agricoltori, la tendenza si è invertita e quello che rischiava di diventare solo un bel ricordo è tornato ad essere una concreta realtà.
Oggi la Cipolla di Cavasso e della Val Cosa, simbolo dell’operosità femminile, è uno dei Presidi Slowfood regionali più amati. E ha trovato posto sul menu dei migliori ristoranti.
I suoi utilizzi in cucina, infatti, sono molteplici: in agrodolce abbinata ad un bollito misto, come ingrediente principale di una vellutata, grigliata e condita con erbe aromatiche miste.
Attualmente, i produttori sono circa una quindicina, il cui unico obbiettivo è portare avanti una tradizione secolare, in quei luoghi dove è nata.
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