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Salmone affumicato: trucchi per sceglierne uno buono

In passato, il salmone era un ingrediente di pregio, destinato alle grandi occasioni.

Oggi, invece, è uno dei prodotti più popolari e largamente diffusi, protagonista non solo di pranzi e cene festivi ma anche della nostra quotidianità.

Tuttavia, è sempre più difficile trovare del buon salmone affumicato e, troppo spesso, ricerchiamo la soluzione più economica, ignorando la presenza di eventuali conservanti e/o additivi potenzialmente cancerogeni – o comunque dannosi per la nostra salute.

L’inchiesta di Ökotest su 20 campioni di salmone

Secondo una recente inchiesta condotta dalla rivista tedesca Ökotest, che verteva sull’analisi di una ventina di campioni di salmone affumicato (biologico, selvaggio e da allevamento), appartenenti a marche diverse, solo tre sono risultati perfettamente idonei al consumo umano ed esenti da etossichina (E324) – un conservante (teoricamente vietato dal 2011) utile a prevenire l’ossidazione del cibo ma che può risultare estremamente dannoso per la salute umana, soprattutto a fronte di un assunzione regolare.

Il test ha anche sottolineato come, in fatto di sostanze inquinanti, il salmone “biologico” non è sempre migliore di quello convenzionale – anzi, talvolta è proprio l’esatto contrario.

Pertanto, è opportuno prestare attenzione ad alcuni dettagli, sia a livello di etichetta (ingredienti, provenienza e trattamenti) che di aspetto del prodotto, per fare una buona scelta.

Guardiamo la confezione

Paradossalmente, la presenza di una confezione da “Gran Gourmet” è spesso sinonimo di un salmone di qualità superiore rispetto a quello che, ad esempio, si nasconde all’interno di una confezione “budget”.

Tuttavia, un noto proverbio italiano ci insegna che l’abito non fa il monaco. E, infatti, è necessario attenerci a dettagli più “concreti”.

Leggiamo attentamente l’etichetta

Abbiamo accennato che l’etichetta è importante ma quali sono esattamente gli elementi sui quali dobbiamo concentrarci? Innanzitutto, valutiamo la scritta principale: se c’è scritto “Salmone Affumicato” allora va bene se, invece, c’è scritto “Salmone al Gusto Affumicato” non va bene, in quanto le note fumé derivano dall’aggiunta di aromi artificiali e non dalla tradizionale tecnica di affumicatura a legna.

In ogni caso si tratta di aromi facilmente identificabili, poiché per legge hanno l’obbligo di essere inseriti nella lista degli ingredienti.

Quindi, ora che lo sappiamo, evitiamoli.

In generale, ricordiamoci che meno ingredienti (schifezze?) ci sono, più il salmone è buono.

Guardiamo la scadenza e la provenienza del salmone

Ovviamente, dobbiamo dare un’occhiata anche alla data di scadenza, benché si tratti di un prodotto con una conservazione media piuttosto lunga.

Il range è infatti molto ampio e va dai 20 ai 90 giorni dopo il confezionamento, a discrezione del produttore.

Un altro elemento di cui tenere conto, sempre a livello di etichetta, è la provenienza del salmone, che ci può dare delle preziose indicazioni circa il sistema di allevamento (intensivo o distensivo).

Senza scendere nel dettaglio, i luoghi migliori – sia in termini di tecniche di allevamento che di caratteristiche dell’acqua – sono Norvegia, Scozia, Danimarca e Irlanda.

La maggior parte del salmone che proviene dall’Est, infatti, senza pregiudizi alcuni, deriva da allevamenti di tipo intensivo, dove i pesci vivono spesso in condizioni di sovraffollamento e sono sottoposti a ricorrenti trattamenti con antibiotici e fitofarmaci, per evitare lo svilupparsi di malattie infettive e parassitarie che, in un contesto ad “alta densità”, sono necessariamente favorite.

Prestiamo attenzione all’aspetto

È il momento di ritornare sulla porzione anteriore della confezione, per valutare l’aspetto del salmone – banalmente, come si presenta.

Il colore deve essere uniforme, senza macchie scure o bordi “secchi” mentre le fette devono essere di grandi dimensioni – più grandi sono, più il salmone è pregiato.

I ritagli, o fette molto piccole, infatti, vengono ricavati solitamente dalla coda e spesso sono trattati per essere “ricompattati”.

Valutiamo lo spessore delle fette

Un altro aspetto da considerare, quando si parla di fette, è lo spessore: le fette troppo sottili tendono a sfaldarsi mentre quelle eccessivamente “grosse” possono rendere il sapore del pesce troppo forte al palato.

È quindi consigliabile optare per uno spessore medio.

Occhio al prezzo!

Altro fattore decisivo nella scelta del salmone è il prezzo. Un buon salmone, infatti, dovrebbe costare almeno 11-12 euro/etto.

Tuttavia, i salmoni migliori oggigiorno non si trovano al supermercato ma nelle piccole gastronomie o botteghe, dove la selezione della materia prima è più rigida.

Quando acquistiamo del salmone, dunque, teniamo a mente queste semplici regole e non facciamo la pulce al portafoglio.

L’importanza di servire del buon salmone

Inoltre, ricordiamoci di preferire il pesce proveniente da allevamenti realmente sostenibili – perdiamo qualche minuto per informarci.

Ogni anno si producono, solo in Europa, 2,5 tonnellate di salmone allevato, che corrispondono a chili e chili di antibiotici e fitofarmaci riversati in mare, con conseguenze disastrose per l’ambiente e per la biodiversità.

La prossima volta che ci troviamo di fronte ad un bel crostino con del salmone, riflettiamo su questi aspetti, che non possono più essere ignorati.

Se anche ai tuoi clienti piace il salmone, abbi cura di offrire loro un prodotto di qualità superiore, amico tanto della salute quanto dell’ambiente.

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